I mercati, in Nepal, sono un centro di aggregazione popolato da una geografia umana particolarmente varia e composita: si incontrano Sherpa, Newari, Thakali, Tamang, oltre ad altre etnie che compongono l’interessante e vasto mosaico culturale in cui coesistono pacificamente popoli di estrazione e di tradizioni così diverse. Si incrociano monaci con le loro caratteristiche tuniche amaranto, brahmini, sudra, vaisya, kshatriya ed a volte anche gli Harijan (gli intoccabili). Sembra che questi luoghi possano mostrare il loro volto “democratico” e accogliente non facendo alcuna distinzione tra poveri e ricchi, tra analfabeti e persone di cultura, tra sacerdoti e genti che credono ancora nella religione animista.
Sulle stuoie, ordinate e ben disposte una accanto all’altra, sono in bella mostra frutti, ortaggi, spezie, polveri colorate, incensi, the, ghirlande di fiori arancioni e sono ancora le donne, giovani ed anziane, ad attendere i clienti sedute per terra o sulle gradinate dei templi.
I venditori di ciotole di metallo, di statuine, di monili e campane tibetane, di souvenir in genere invece, sono prevalentemente ragazzi o uomini.
Una folla di persone si muove in ogni direzione e si fa lentamente strada tra i stretti passaggi liberi tra un banchetto e l’altro gareggiando con le motociclette che suonano in continuazione per far spostare questa gente distratta dai colori, dai profumi e dalla confusione che regna nel mercato. Questo aspetto dei colori, dei profumi e dei suoni che sembrano rapire l’attenzione degli avventori, me compreso, inebriano, entusiasmano, eccitano a tal punto da far girare spesso la testa.
Ma è sufficiente incrociare con lo sguardo il sorriso gioioso di una splendida bimba che aiuta la mamma a vendere ortaggi, per non prestare più alcuna attenzione alla confusione imperante, concentrandosi su quel volto roseo e festoso come se tutt’intorno non vi fosse alcun altro.
Fabrizio Loiacono Photographer
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