Il Popolo Pedi è stanziato in gran parte del territorio del Limpopo tra il fiume Olifants e la catena dei monti Drakensberg, nel Sud Africa Orientale.
La storia di questa etnia vanta numerose vittorie nelle guerre contro i Boeri e gli eserciti britannici: il regno Pedi, uno dei più forti e grandi dell’Africa meridionale, si basava su una monarchia solida ed influente che stendeva i propri confini dal fiume Vaal, a sud, sino al fiume Limpopo, a nord. Essi vennero sconfitti e sottomessi all’impero britannico solamente nel 1879, dopo una sanguinosa ed interminabile battaglia. A tal proposito si tramanda una leggenda legata a questa sconfitta: durante le battaglie i Pedi non facevano prigionieri, ma uccidevano sempre i propri nemici, ad eccezione delle donne e dei bambini che venivano catturati come bottino di guerra. In battaglia, pertanto, non attaccavano mai le donne. Il generale inglese a capo delle truppe britanniche, approfittando di questo loro codice d’onore in combattimento, pose nelle prime file dell’esercito britannico schierato un battaglione scozzese con i soldati che, tradizionalmente, indossavano il kilt: ciò ingannò i Pedi che non attaccarono ma vennero attaccati alle spalle e, successivamente anche frontalmente dagli scozzesi. Non fecero in tempo ad accorgersi dell’inganno e persero la battaglia e la guerra.
L’aspetto curioso, anche se allora la sconfitta fu pesante e segnò il destino di questo Popolo, è che alcuni uomini di questa etnia indossano ancora oggi il kilt scozzese, anche se non è molto chiara la motivazione, forse si crede che, dopo la fine della guerra con gli inglesi, essi ricevettero in dono proprio questo accessorio a conferma della riconciliazione tra le due popolazioni.
Nel periodo storico antecedente alla conquista da parte degli inglesi, i Pedi abitavano in villaggi molto grandi che si sviluppavano attorno ad un’area centrale multifunzione: luogo d’incontro, stalla per il bestiame, cimitero e santuario ancestrale. Le capanne erano circolari con il tetto in paglia, circondate da un muro di fango e pietre ed ogni donna sposata possedeva la propria capanna che veniva collegata alle altre con una serie di recinti.
La loro economia era basata sull’agricoltura e sull’allevamento ed i compiti erano suddivisi tra uomini e donne: quest’ultime si occupavano dell’agricoltura e della manutenzione delle capanne e del villaggio in generale, oltre a realizzare artigianalmente stuoie e cesti per conservare alimenti, mentre gli uomini si dedicavano alla caccia, alla cura del bestiame, alla lavorazione del legno, alla conciatura delle pelli ed all’attività di fabbro.
I Pedi, o Bapedi, credevano (e credono ancora oggi) in un Dio creatore del cielo e della terra al quale rivolgono le loro preghiere per la pioggia. Il culto degli antenati costituisce un passaggio fondamentale e di enorme importanza dato che essi ritengono che i progenitori costituissero il punto di raccordo, diciamo pure di contatto, con il Dio creatore ed a tal fine praticano sacrifici (dall’offerta di birra a sacrifici di animali) per soddisfare e glorificare gli spiriti dei loro avi. Questo culto ancestrale tramandato sino ai nostri giorni prevede la presenza di una figura che fa da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, potremmo definirlo come un “divinatore”: anticamente questo prestigioso incarico veniva ereditato da padre in figlio mentre oggi, viene prevalentemente trasmesso tra donne.
Il periodo nefasto coincidente con il regime di Apartheid, oltre alla crescente evoluzione della società e dell’economia che hanno seguito gli stereotipi occidentali, hanno cambiato drasticamente le tradizioni e la cultura di questo Popolo (come di quasi tutte le realtà etniche del Sud Africa), che ora ha abbandonato le capanne per vivere in costruzioni in mattoni con il tetto in lamiera (considerate più moderne ed efficienti), che non pratica quasi più i riti e le cerimonie tradizionali (sostituiti da programmi televisivi deteriori), che ha sostituito progressivamente il loro abbigliamento tipico con vestiti ispirati allo stile occidentale.

Fabrizio Loiacono Photographer