Un tempo i Karo dominavano entrambe le sponde del fiume Omo, ma le guerre con i Nyangatom (loro avversari storici) li hanno confinati sulla sponda orientale. La tribù dei Nyangatom, seminomadi della regione sud occidentale dell’Etiopia, è stata la prima a possedere i Kalashnikov, acquistandoli da commercianti del Sudan. Nel periodo compreso tra il 1980 ed il 1990, nell’indifferenza totale del governo etiope, hanno condotto assalti sanguinosi alle tribù vicine, come i Karo, ampliando i loro territori e generando terrore tra le etnie che usavano ancora le lance e gli archi come unici mezzi di difesa. Ma ben presto anche le altre popolazioni riuscirono ad acquistare i fucili automatici e le munizioni: le cruente faide continueranno a fasi alterne per lunghi anni. Sino al marzo del 2010: quando gli uomini di entrambe le tribù celebrano finalmente la pace attraverso la mediazione di alcuni funzionari governativi.
Il governo etiope intende abolire quelle che, con termine discutibile, definisce “cerimonie tradizionali nocive”: come il rito di iniziazione degli Hamer, che consiste nel salto dei tori da parte dei giovani per passare dall’adolescenza all’età adulta, o la fustigazione delle donne che precede il salto dei tori, o ancora i combattimenti con i bastoni, in uso tra i Mursi ed i Surma. Altro discorso sarebbe vietare, a mio avviso immediatamente, la pratica crudele della circoncisione femminile (diffusa in tutto il paese, ad esclusione degli Hamer), o la tradizione folle che impone di uccidere un bambino “Mingi” se esso nasce deforme o da una donna non sposata, o ancora se mette i denti superiori prima di quelli inferiori: in questi casi, prima che la “sventura” si diffonda, il bambino dovrà essere eliminato.Verrà così abbandonato nella savana con la bocca piena di terra o gettato nel fiume.
L’attività statale, volta a estendere la sua influenza e ad imporre le proprie leggi alle tribù della regione, da sempre allergiche ad ogni controllo esterno, passa necessariamente attraverso accordi con i re ed i capo villaggi: gli stessi anziani, il vero fulcro di queste civiltà arcaiche, hanno compreso che il loro territorio sta subendo enormi cambiamenti, hanno sentito parlare della diga Gibe 3 e dei progetti del governo per tenere sotto controllo le loro tradizioni. C’è molta rassegnazione nei loro sguardi.
I Karo si dipingono il corpo ed il volto (spesso cercando di imitare il piumaggio delle galline faraone) con calce bianca, argilla, polvere di ferro, cenere di carbone o legno. Le loro danze celebrano il raccolto, i riti di iniziazione dei giovani, i matrimoni (è diffusa la poligamia): sono molto sensuali, nei loro movimenti avvolgenti i fianchi ed il ventre si attraggono e si respingono in un’esplosione festosa e vitale.
Le donne si adornano con fiori, piume, perline, bracciali di semplice fattura, trafiggendosi il mento con un chiodo o un bastoncino di legno. Purtroppo è un popolo che sta lentamente scomparendo, soltanto poche centinaia sopravvivono in alcuni desolati villaggi sulle sponde del fiume. Le donne si sono viste costrette a sostituire molti dei raffinati oggetti ornamentali che orgogliosamente indossavano un tempo, con le pitture corporali (che spesso “indossano” al posto degli stessi vestiti) e con le scarificazioni della pelle (che provocano rigonfiamenti sulle cicatrici simili ai tatuaggi, mediante l’uso di acqua e cenere poste sulle ferite).
I villaggi Karo sono protetti perimetralmente da recinti in legno: al centro vi sono le capanne e piccole palafitte che contengono i preziosi cereali alla base della loro povera alimentazione, oltre a galline e polli che vi trovano rifugio la notte per sfuggire ai predatori.
Nei dintorni del villaggio crescono alberelli di Zehou Abeba, i “fiori dell’elefante”, una pianta grassa dai bellissimi fiori rossi, il cui nome deriva dalla forma della base del tronco, molto simile alla zampa di un pachiderma. In lontananza si ammirano i maestosi alberi di acacie a forma di ombrello. Nonostante il caldo e la polvere, forse per la presenza del fiume che scorre lento e maestoso al di sotto del villaggio, si respira un’aria di pace e di serenità incredibili.
Scrivi un commento