I bambini Tuareg sono i primi a dare il via ai festeggiamenti, suonando i tamburi nel bel mezzo dei preparativi, quando è appena l’alba.
Il Bianou, secondo la leggenda, vuole ricordare l’accoglienza riservata dagli abitanti della Medina al Profeta Maometto. Esso segna l’inizio del nuovo anno musulmano. E’un evento molto importante per la popolazione di Agadez e per tutti i Tuareg, che si riuniscono festanti intorno ai loro giovani guerrieri riccamente vestiti ed ornati.
Saranno questi ultimi a danzare al suono dei tamburi (nominati “Etebel”, simbolo dell’unità delle Tribù Tuareg), mimando combattimenti di antica memoria con le spade e le lance (“Takoubas”) lungo le sabbiose e polverose stradine di Agadez.
Si divideranno in due schieramenti (corrispondenti al quartiere Est ed Ovest della città).
Verranno seguiti da centinaia di bambini, donne, uomini ed anziani molto ben curati e vestiti a festa, che sventolano rami di palma cantando e ballando.
Le giovani donne, in particolare, indossano vestiti attillati e raffinati, gioielli vistosi dalla preziosa manifattura artigianale e sono molto curate nel trucco e nell’aspetto generale. Non per niente viene considerata anche la celebrazione della seduzione…i giovani Tuareg corteggiano le ragazze più belle e molto spesso nascono storie d’amore proprio in questa occasione così gioiosa.
Molti giovani guerrieri indossano un particolare copricapo da cerimonia a forma di cresta di gallo che viene modellato con inserti rigidi di tessuto accoppiato e tinto con indaco per dare un particolare effetto di lucentezza splendente.
Durante i preparativi di vestizione dei giovani che parteciperanno alla sfilata, il rito del thè rappresenta una pausa di grande importanza.
Le danze, le sfilate ed i festeggiamenti proseguono sino al tramonto per tre giorni consecutivi in un’atmosfera allegra ed effervescente.
E’una festa molto coinvolgente, viene voglia di unirsi ai balli ed ai canti, si respira un’aria ricca di emozioni positive ad ogni angolo della città.
Situata ai piedi del massiccio dell’AIR, circondata dal Deserto del Ténéré e dalle sterminate pianure dell’Azaouagh, Agadez è oggi il centro amministrativo del dipartimento di gran lunga più esteso della repubblica Nigerina.
Agadez è una delle città più antiche del Niger, con un passato ricco di storia. Poco nota fino agli inizi del XV secolo, acquista importanza quando Illisawan, sultano dei Tuareg dell’AIR, decide di abbandonare il nomadismo e fa di Agadez la sua capitale. Nel XVI secolo l’antica città dei Tuareg conosce il suo massimo splendore, diventando un importantissimo crocevia dei traffici carovanieri tra l’Africa nera e l’Africa sahariana.
La città è stata, fino al momento della colonizzazione (circa cinque secoli fa) il centro politico, amministrativo, religioso e commerciale del sultanato Tuareg. Dopo la colonizzazione francese e fino a pochi anni orsono, Agadez è stata scarsamente influenzata in senso negativo dai rapporti con il mondo occidentale; ora è una città vera e propria di oltre 50.000 abitanti, punto di partenza per i tour nel deserto.
Purtroppo ora Agadez è diventata anche una tappa fondamentale del lungo viaggio che compiono le genti dell’Africa occidentale, per tentare un approdo nell’opulento continente europeo.
La periferia della città, causa la forte urbanizzazione avvenuta soprattutto dopo i devastanti effetti della siccità nel Sahel, risulta purtroppo abbastanza degradata.
Il simbolo di quest’oasi dai colori ocra è l’originale sagoma piramidale del Minareto con travi in legno della Grande Moschea, classico esempio di architettura sudanese, unica superstite di altri due edifici andati distrutti. La Moschea, detta anche del Venerdi, è opera del santo Zakarya vissuto nel XVI secolo; il minareto alto circa 30 metri crollò parzialmente e fu ricostruito come era e dove era nel secolo scorso.
Nel vecchio quartiere di Agadez le case sono tutte costruite con un impasto di argilla, sterco e paglia, presentano facciate talvolta decorate con motivi geometrici, talvolta dipinte. Si possono visitare le botteghe dei famosi artigiani girovagando lungo le strette e tortuose strade ammirando le caratteristiche abitazioni in stile sudanese.
L’attività principale ad Agadez è l’artigianato e numerose sono le botteghe sparse un po’ ovunque in città, come sarti, lavoranti del cuoio ma soprattutto fabbri-gioiellieri. Questi ultimi con materiali ferrosi e di rame forgiano pugnali da braccio, le celebri spade Tuareg (Takubas), lance e le parti decorative delle selle. Con l’argento di antiche monete, sempre commisto con altri metalli, creano caratteristici anelli, bracciali, orecchini e soprattutto le celebri “croci” forgiate in vari stili. La “croce di Agadez” è il più tipico dei gioielli Tuareg, ed è un antichissimo ornamento che identifica le diverse località e tribù, ma non è assolutamente una croce di ispirazione cristiana, anche se alcuni modelli ne assumono vagamente l’aspetto.
Il deserto non si può spiegare, come non si può spiegare un tramonto infuocato, un arcobaleno dopo una pioggia tropicale, l’azzurro del cielo o il blu del mare.
Il “mal d’Africa” esiste davvero, è una realtà, non è una leggenda. Questo continente così speciale, così unico e contraddittorio esercita su di noi un’attrattiva che è difficilmente spiegabile in termini razionali, ma è tuttavia fortissima sotto il profilo emotivo.
Il “mal di Sahara” è un male ancora più sottile, più misterioso, che si insinua sotto la pelle proprio come fa la sabbia quando entra nei vestiti ed è difficile da mandare via, forse perché è un male che viene dal profondo del nostro animo e di conseguenza è ancora più difficile da descrivere.
Qui, in questo pezzo di mondo, il fascino che esercita il “rumore” del silenzio, il senso di solitudine e la bellezza selvaggia di questi paesaggi di sabbia e roccia, contribuiscono a formare delle sensazioni che una volta entrate nel nostro animo non ne escono più, proprio come quei granelli che ho ancora tra i mei vestiti.
Fabrizio Loiacono Photographer
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